estratto della mail 19 luglio 2021, ore 11.26 inviata ai Presidenti Carlotti e Patroni Griffi e alle associazioni maggiormente rappresentative (per completezza Le unisco la mail inviata) ma l’estratto da inserire è il seguente:
«Si deve, quindi, esaminare il problema della possibilità, allo stato attuale della legislazione in materia, di utilizzo dell’udienza da remoto, anche dopo il 31 luglio 2021 (fine dello stato di emergenza).
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È indubbio che, se ci fosse da parte del legislatore un intervento normativo nel senso di consentire per il futuro l’utilizzo di tale strumento operativo, quanto meno nelle ipotesi eccezionali da noi delineate, il problema sarebbe di sicura e agevole soluzione.
In proposito debbo, peraltro, fare una precisazione, in relazione a quanto specificato nella mail 16 luglio 2021, ore 14.10, alla quale rispondo, che tale “modifica legislativa (possa essere) frutto delle iniziative da Lei (cioè io) annunziate”. Io, come tutti gli avvocati e i cittadini interessati al problema, posso solo auspicare che la modifica legislativa venga adottata in sede parlamentare (legge formale) o governativa (decreto legge), magari presentare anche una proposta, ma certo non posso neppure “attivare” un procedimento in questo senso. È, se mai, la Magistratura amministrativa che, con il proprio autorevole intervento consultivo, e, magari, con l’attività dei propri “rappresentanti” in sede governativa (Roberto Garofoli, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Chieppa, Segretario Generale della Presidenza del Consiglio e Carlo Deodato, Capo del Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio), può rendere effettivo un intervento legislativo in questo senso e risolvere il problema: ma la Magistratura amministrativa, per motivi non esposti ma, proprio in quanto non esposti, rimessi alla nostra immaginazione, dopo avere per un anno e mezzo esercitato la propria funzione utilizzando l’udienza da remoto (e ora farsene vanto per la propria efficienza, rispetto alla giustizia civile e penale), è assolutamente contraria all’ulteriore utilizzo della udienza da remoto, pure nei casi eccezionali e limitati da noi prospettati.
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Replico ora all’obbiezione, espressami nell’ultima mail 16 luglio 2021, ore 14.10, che l’istituto (udienza da remoto) possa essere “oggetto di un accordo delle parti”, in realtà, secondo la mia prospettazione, basato sulla richiesta concorde delle parti alla quale accede il Presidente nell’esercizio dei proprio poteri di direzione dell’udienza.
Il profilo è molto importante e merita sicuramente un valido approfondimento, appunto nel quadro di quella maggiore articolazione dei contatti dalla quale siamo partiti. A mio avviso, comunque, una tale iniziativa rientra sicuramente nei poteri del Presidente in sede di direzione dell’udienza, come è dimostrato da tanti adattamenti della legge processuale, che, in questo quadro, sono stati posti in essere e, in particolare:
- senza alcuna modifica della legge professionale, da tempo immemorabile non è più svolta all’inizio della trattazione la relazione del Magistrato relatore;
- con il Protocollo ora in discussione, gli avvocati sono stati esonerati dall’obbligo di indossare la toga;
- per un certo tempo sui banchi delle Sezioni del Consiglio di Stato sono stati posti i microfoni e ciò è avvenuto su mia richiesta per le esigenze di un avvocato quasi afono e, sicuramente, se il problema si presenterà, l’uso del microfono da parte dell’avvocato dovrà essere consentito nonostante il divieto espresso dal Protocollo;
- i c.d. preliminari di udienza sono una “invenzione” della struttura giurisdizionale amministrativa ed hanno trasformato la normale trattazione in udienza in qualcosa di diverso ma avente giuridicamente lo stesso valore;
- i meno giovani ricorderanno che il Presidente del Tribunale di Roma autorizzò l’avv. Carnelutti a svolgere da seduto la propria arringa nel processo Fenaroli e il ricordo di quanto fatto molti decenni fa (in un tempo in cui le forme tradizionali erano assolute), è assai indicativo di una “flessibilità” dello svolgimento dell’udienza e della sua adattabilità alle nuove esigenze.
In questo quadro deve essere valutata la possibilità del Presidente di udienza di utilizzare in casi eccezionali la udienza da remoto per rendere possibile una trattazione orale della causa che altrimenti sarebbe impossibile.
In definitiva la regola processuale richiede soltanto che l’avvocato sia sentito in udienza e, in proposito, è evidente che la partecipazione a mezzo strumento telematico consente al Collegio di sentire direttamente l’avvocato (senza grandi problemi in quanto nelle ultime udienze in presenza si vedevano sempre i magistrati attenti allo schermo del proprio computer), senza alcun onere (salvo il collegamento telematico di estrema semplicità, come quasi due anni di esperienza hanno dimostrato), senza alcuna complicazione sullo svolgimento dell’udienza in presenza (in quanto le eventuali audizioni da remoto possono essere collocate alla fine dell’udienza) e con tutte le garanzie di individuazione dell’avvocato (come è avvenuto nel periodo passato): l’esperienza di questi ultimi due anni ci dimostra che, a parte il rilievo normativo, il processo da remoto è assistito da tutte le garanzie, formali e sostanziali, e può ben costituire elemento utile per risolvere il problema senza necessità di una specifica previsione, in base all’esercizio dei poteri del Presidente di direzione dello svolgimento dell’udienza.
In proposito non si può sfuggire alla inevitabilità di soluzioni, apparentemente non rispondenti alla attuale previsione normativa, in altre fattispecie, analoghe ma diverse,. Che potrebbero presentarsi. Si pensi all’ipotesi dello svolgimento della funzione di difesa da parte di un avvocato del tutto afono (perché in situazione di assoluta impossibilità di uso delle corde vocali a seguito di problemi sanitari), che chiede di svolgere il proprio intervento “orale” con la lingua dei segni e ne chieda la “traduzione” al Collegio da parte di un tecnico. Cosa si pensa di fare in una tale ipotesi: di negare del tutto l’esercizio della funzione difensiva perché il codice non prevede tale ipotesi? O ci sarà, come in passato su problemi processuali c’è stato, un Presidente illuminato che troverà il modo per consentire l’effettiva difesa?
Questi sono i problemi che devono e dovranno essere affrontati e per una valutazione di questi problemi non ci si può nascondere dietro lo schermo della impossibilità perché “i casi da Lei prospettati andranno quindi risolti come sono sempre stati risolti … trattati come legittimo impedimento o come ragione per chiedere il rinvio della trattazione”. È questa una posizione del tutto antistorica: il mondo va avanti e nella soluzione dei problemi si deve guardare avanti, non affossarsi nelle precedenti soluzioni che non potevano essere diverse quando non c’erano altre possibilità, ma che possono e devono essere diverse quando la tecnica ci ha messo a disposizione strumenti di attività che non c’erano prima e, in mancanza dei quali, la soluzione poteva essere solo nel senso di “come sono stati sempre risolti”. L’uomo primitivo, che ha inventato la ruota, la ha poi utilizzata in tutte le forme possibili ed ha permesso così lo sviluppo della civiltà: nello stesso modo il giurista del ventunesimo secolo, che ha scoperto l’udienza da remoto e che se ne è avvalso e ne ha portato vanto, non può ora mettere del tutto da parte tale strumento e in questo modo impedire lo sviluppo del processo e, quindi, lo sviluppo della civiltà.
Una ulteriore considerazione è, a questo proposito, necessaria. Nella mail 16 luglio 2021, ore 14.10, si mostra di temere la “forzatura” della norma processuale nel senso che la stessa “possa costituire oggetto di un accordo tra le parti”, forse prospettando profili di illegittimità della sentenza e, quindi, di una sua possibile contestazione. La preoccupazione è assolutamente inesistente: nella specie non è un accordo tra le parti, ma una richiesta concorde delle parti al Presidente di udienza, che dispone la modalità telematica nell’esercizio dei propri poteri di direzione dell’udienza, con la evidente conseguenza che, a parte che non è dato rinvenire nella procedura telematica qualsiasi irregolarità formale e/o sostanziale dal punto di vista del normale svolgimento del processo, nessuna delle parti potrà in proposito proporre alcuna impugnazione e la sentenza così pronunciata risulterà assolutamente “blindata” ».
Documento allegato: Processo amministrativo. Riforma PNRR.pdf