Relazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario
La Società Italiana degli Avvocati Amministrativisti, per data di fondazione (1979) - per attività e impegno tenuti nella tutela degli interessi professionali e delle strutture nell’ambito della giurisdizione amministrativa, per i risultati già conseguiti (basti pensare alla introduzione di una tariffa specifica degli onorari degli Avvocati amministrativisti, realizzata a seguito di impugnazione proposta dalla Società al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio e da questo accolta nel lontano anno 1985, ed i primi tentativi organizzativi, orari differenziati, fasce orarie, già posti in essere e in parte realizzati a partire dagli anni ottanta) - costituisce l’interlocutore naturale, in posizione qualificata, nei confronti degli organi rappresentativi della Giustizia Amministrativa. Posizione, del resto, riconosciuta in tutti i Consessi della Giustizia Amministrativa, come quello odierno, e specificamente “certificata” dal Consiglio Nazionale Forense che, con deliberazione 25 ottobre 2013, in applicazione dell’art. 35, lettera p, della nuova legge forense 31 dicembre 2012, n. 247, ha inserito la Società Italiana degli Avvocati Amministrativisti nel novero delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative.
E’ noto come, da parte degli Avvocati Amministrativisti e della nostra Società Italiana, che anche in questa sede li rappresenta, sia stato costantemente affermato il proprio interesse al “colloquio” con gli organi esponenziali della Magistratura Amministrativa, colloquio che in questa sede si esteriorizza anche formalmente e che costituisce, come ogni incontro di questo tipo, utile esperienza e occasione di dialogo per la realizzazione dell’obiettivo del migliore funzionamento degli istituti della Giustizia Amministrativa. Spiace, a questo proposito, rilevare come, anche questo anno, sia stata negata la possibilità degli Avvocati Amministrativisti di intervenire attivamente alla Cerimonia svoltasi lo scorso 31 gennaio presso il Consiglio di Stato e ciò nonostante la disponibilità da più parti manifestata per adeguare anche tale Cerimonia alle altre che in tutti gli organi giurisdizionali si svolgono in questi tempi presso le Magistrature superiori (Corte di Cassazione e Corte dei Conti).
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Alla Cerimonia odierna, la Società Italiana degli Avvocati Amministrativisti interviene, quindi, in modo particolarmente qualificato, per fare sentire la propria voce sui temi fondamentali della Giustizia Amministrativa, che, a tacere di molti altri che pure meriterebbero analoga considerazione, appaiono essere i temi della efficienza dell’amministrazione della Giustizia Amministrativa e dello svolgimento della stessa in modo adeguato alle esigenze, anche della categoria professionale degli Avvocati amministrativisti e dei cittadini, che a questi si affidano per la tutela dei propri diritti soggettivi ed interessi legittimi nei confronti della pubblica Amministrazione.
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Efficienza dell’amministrazione della Giustizia Amministrativa significa, innanzi tutto, tempestività e immediatezza nella risoluzione dei giudizi, posto che, secondo il vecchio insegnamento, una Giustizia lenta e che intervenga solo a distanza di anni non è mai una Giustizia effettiva, non rispondendo immediatamente alle esigenze ad essa manifestate e determinando anche una “disaffezione” degli utenti, che vedono scarse possibilità di una effettiva risoluzione dei propri problemi.
Da questo punto di vista, la Relazione, presentata dal Presidente del Consiglio di Stato alla cerimonia dello scorso 31 gennaio, ha rilevato, come prima considerazione, che “sotto il profilo strettamente quantitativo, il 2013 presenta per la Giustizia Amministrativa un bilancio complessivamente soddisfacente. Secondo i dati elaborati dal nostro Ufficio per l’informatica, infatti, il numero dei giudizi definiti presso i Tribunali amministrativi regionali e presso il Consiglio di Stato è pari a quasi il doppio dei nuovi ricorsi pervenuti (giudizi definiti 114.592; ricorsi pervenuti 64.483)”. Prosegue la Relazione del Presidente Giovannini rilevando che “ciò ha comportato una consistente diminuzione delle pendenze che si attestano al 31 dicembre dello scorso anno in complessivi 322.000 ricorsi, seguendo una linea discendente che, negli ultimi cinque anni, ha più che dimezzato la pendenza stessa (da 667.582 del 2009 agli attuali 322.456)”.
I dati riportati sono esatti solo dal punto di vista formale, ma non corrispondono alla situazione sostanziale: i dati stessi, infatti, considerano come giudizi definiti nell’anno anche quelli per i quali sono stati pronunciati decreti decisori di perenzione quinquennale, decreti che, a parte la loro provvisorietà, non comportano definizione effettiva di giudizi, ma semplice presa d’atto di ricorsi già sostanzialmente estinti e che, in realtà, sono manifestazione di un “fallimento” della funzione giustiziale. I dati sostanziali, una volta che si espungano tali decreti meramente formali, indicano che, nell’anno 2013, il Consiglio di Stato ha deciso 8.473 ricorsi (10.183 – 1.710), onde, a fronte di 9.581 nuovi ricorsi, si è determinato un aumento sostanziale dell’arretrato pari a 1.108 ricorsi (9.581 – 8.473); per i Tribunali amministrativi regionali il numero dei ricorsi decisi nell’anno 2013 è di 42.995 (104.409 – 61.414), onde, a fronte di 54.902 nuovi ricorsi, si è determinato un aumento sostanziale dell’arretrato pari a 11.907 ricorsi (54.902 – 42.995).
La affermata diminuzione delle pendenze è, quindi, del tutto insussistente dal punto di vista sostanziale (laddove se ne rileva, anzi, un consistente aumento) e solo apparente risulta il dimezzamento dell’arretrato negli ultimi cinque anni, periodo che non a caso coincide proprio con la durata della perenzione quinquennale e il riferimento ad esso è appunto la dimostrazione dell’esattezza di quanto da noi ora rilevato (e, del resto, è solo apparente l’accelerazione dei tempi dei giudizi, fenomeno che si manifesta solo nel limitato settore delle procedure “speciali” laddove tutti sanno come i tempi dei processi “ordinari” sono sempre lunghi ed inadeguati alle effettive esigenze).
Si rileva in proposito, da ultimo, che alla Relazione di questo anno del Consiglio di Stato non risultano allegati i dati relativi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, per il quale nello scorso anno si era rilevata una effettiva diminuzione dell’arretrato che praticamente tendeva ad essere eliminata. Non sappiamo le ragioni di questa omissione, dipendente verosimilmente da un conglobamento dei dati del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione siciliana nei dati del Consiglio di Stato, in questo modo, con una procedura di sostanziale “avvalimento”, traendone dati migliori per una prospettazione dei risultati relativi al Consiglio di Stato.
I dati sopra esposti, sia di carattere generale sia di carattere specifico del singolo organo giurisdizionale, dovrebbero poi essere ulteriormente valutati con riferimento al numero dei Magistrati in servizio effettivo nell’anno presso il complesso della giurisdizione amministrativa e presso i diversi Tribunali Amministrativi Regionali per individuare i dati relativi alla produttività dei Magistrati, sia in media nazionale sia con carattere specifico relativamente ai singoli organi giurisdizionali: è questo, però, un impegno che necessariamente si deve lasciare ai Capi degli Uffici, unici in possesso dei relativi dati numerici completi e specifici e che, nella loro rilevazione generale, potrebbero essere utilmente valutati anche per assicurare una equa ripartizione dei Magistrati tra i diversi Uffici, essendo ben note a tutti le sperequazioni che in questo settore si manifestano tra i diversi Tribunali Amministrativi Regionali.
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Efficienza dell’apparato giurisdizionale amministrativo significa, anche, dal punto di vista degli Avvocati, svolgimento delle udienze in modo logico ed adeguatamente organizzato: tale punto di vista è stato manifestato nelle richieste ripetutamente presentate dalla nostra Società alla Presidenza del Consiglio di Stato per l’adozione di una disciplina uniforme delle “prassi” di udienza in tutti gli organi giurisdizionali amministrativi, richieste fin ad ora solo parzialmente accolte, e che, in questi giorni, in occasione delle varie cerimonie di inaugurazione, vengono formulate in tutti i Tribunali amministrativi regionali per una valutazione da parte dei Presidenti in funzione dell’adozione di uno schema comune con riferimento alle problematiche dei preliminari di udienza e delle fasce orarie. A tale riguardo, si formula la presente proposta.
“Preliminari di udienza. Ciascuna Sezione determina, nell’ambito dello svolgimento della udienza, la fissazione di un orario destinato ai c.d. “preliminari di udienza”: nel corso dei preliminari è possibile mandare in decisione i ricorsi (e adottare determinazioni di carattere definitivo), ove siano presenti tutte le parti, e, comunque, prendere atto di richieste di singole parti (anche nel senso di rimessione in decisione), che peraltro rimangono condizionate alla successiva “chiamata” ordinaria del giudizio ed ai relativi svolgimenti. Ove nella stessa giornata sia previsto lo svolgimento di udienze da parte di più Sezioni, gli orari dei c.d. “preliminari di udienza” devono essere differenziati, in modo da consentire l’autonoma presenza e partecipazione all’attività delle diverse Sezioni. In via normale i c.d. “preliminari di udienza” sono fissati all’inizio dell’udienza, salvo ragioni particolari che (a parte la differenziazione degli orari per le diverse Sezioni) ne consiglino la fissazione in orario diverso.
Fasce orarie. Il Presidente d’udienza provvede, nel pomeriggio del terzo giorno antecedente all’udienza (e, comunque, nella giornata del venerdì per le udienze fissata al successivo martedì), a ripartire i giudizi in fasce orarie di carattere adeguato alla prevista complessità dei singoli giudizi, in modo da assicurare che ciascun giudizio non verrà chiamato prima di un determinato orario. Sono, conseguentemente, in linea di massima escluse anticipazioni o posticipazioni di orario, se non in caso di richiesta concorde dei rappresentanti delle parti. La ripartizione in fasce orarie e la conseguente programmazione delle discussioni vengono rese pubbliche mediante inserimento sul sito internet, in modo che le parti ne siano informate a partire dalla mattina del secondo giorno antecedente all’udienza. Ove nella medesima udienza vengano in trattazione giudizi di merito (udienza pubblica) e giudizi cautelari (o altro: camera di consiglio), la trattazione dei giudizi in udienza pubblica avverrà secondo l’ordine di ruolo dopo l’esaurimento della camera di consiglio. Alla fine dei c.d. “preliminari di udienza”, il Presidente potrà eventualmente indicare un orario differenziato per i diversi giudizi di merito (ovvero articolare in modo diverso il relativo ordine di ruolo), ove ciò appaia opportuno in considerazione della diversa complessità dei singoli giudizi”.
Le indicazioni formulate costituiscono regole semplici di facile attuazione e che in alcun modo vanno ad ostacolare o ad aggravare lo svolgimento delle udienze da parte del Collegio: la relativa attuazione, però, ove realizzata, comporterebbe il superamento di aggravi altrimenti rilevanti (attese di ore) per le attività degli Avvocati. Spiace, a questo proposito, rilevare che, mentre nella Relazione del Presidente del Consiglio di Stato vengono formulate ipotesi di varie iniziative ordinamentali (di vario tipo, dalle funzioni dei Magistrati e dell’Ufficio Studi fino ai tirocini dei laureati ed al sistema informatico), non si sia ritenuto di fare neppure il minimo accenno alla soluzione della problematica della prassi (preliminari di udienza e fasce orarie) in ordine alla quale numerose ed insistenti richieste (informali e formali) sono state in passato formulate dalla nostra Società.
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Da ultimo, una Giustizia efficiente ed effettiva non può prescindere dalla considerazione dei costi dell’accesso alla Giustizia: una Giustizia eccessivamente costosa è una “non-Giustizia”, in quanto preclude al cittadino la formulazione della propria richiesta al Giudice, e tale effetto è particolarmente grave ove si consideri che ad esserne colpiti sono soprattutto i cittadini meno abbienti. Da questo punto di vista, il discorso si estende necessariamente alla problematica del contributo unificato, sia in linea generale, sia in relazione alle misure particolari dettate in modo vessatorio nei confronti dei c.d. riti speciali, che, soprattutto da questo punto di vista, non hanno nulla di speciale dal punto di vista dell’effettiva accelerazione del giudizio, e più specificamente nei confronti dei ricorsi in tema di appalti con misure assolutamente irragionevoli e che, nella loro applicazione, fanno riferimento ad un dato, il c.d. valore dell’appalto, del tutto improprio, considerando l’importo a base d’asta, laddove per il ricorrente il valore effettivo dell’appalto è all’incirca il 5–10 per cento del medesimo, come peraltro riconosciuto dalla giurisprudenza a fini risarcitori. È un problema questo riguardante non solo cittadini ed Avvocati, ma anche la stessa Magistratura Amministrativa e, pertanto, esso deve essere affrontato in modo deciso e concorrente da Avvocati e Magistrati, al fine di superare una situazione che va sempre più avviandosi verso una sostanziale e rilevante limitazione all’esercizio dell’azione giurisdizionale. Un risultato che, forse, ad una notevole deflazione del contenzioso, ma in maniera del tutto patologica, con conseguente limitazione del controllo giurisdizionale sia in generale, sia nel settore specifico degli appalti, di importanza fondamentale per l’Economia Nazionale, e rispetto al quale la riduzione del controllo giurisdizionale amministrativo significa necessariamente aumento dei fenomeni corruttivi, rispetto ai quali viene notevolmente limitato l’effetto repressivo e, soprattutto, deterrente.
Da questo punto di vista, si ritiene di manifestare un particolare apprezzamento per il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, che, con ordinanza 29 gennaio 2014, n. 23, superando anche notevoli profili preliminari, ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la valutazione della legittimità della normativa italiana in tema di contributo unificato, segnalandone il possibile contrasto con le Direttive Europee in materia. In questo modo, si consentirà agli Avvocati Italiani e, in particolare, alla nostra Società, che ha già deliberato la proposizione di intervento nel giudizio innanzi alla Corte di Giustizia, al fine di sostenere la prospettata illegittimità e di conseguire, in questo modo, una modifica dell’attuale disciplina in tema di contributo unificato.
Documento allegato: Relazione all'inaugurazione anno giudiziario T.A.R. 2014.pdf